Nel 2011 - dopo 12 anni di comunicazione visiva, dopo una simbiotica relazione sentimental-professionale, dopo una favolosa figlia avuta ed un secondo figlio ostinatamente desiderato quanto conteso e ancora non concepito - è sbucato nella mia vita, dolce e prepotente, il fantasma dell'ex. Del primo amore, quello che non si scorda mai: l'amore per la parola.
Alle elementari, con generosità e incoscienza, i compagni di classe mi chiamano “la poetessa”: in tutte le sue forme scolastiche, la parola mi è sempre stata amica. A 14 anni l'incontro-scontro con una prof del liceo che ci impone la lettura di 20 classici del '900 per le vacanze estive mi cambia la vita. Le parole compongono storie che mi fanno viaggiare nel tempo e nel mondo, sdraiata su un vecchio divano della nostra casa sugli Appennini. Da allora, non ho più potuto fare a meno delle storie. Studio inglese e tedesco all'Università Cattolica di Milano, perché voglio conoscere le storie di altri paesi, raccontate con parole nuove, in lingue diverse. Viaggio in tutta Europa, collaboro con testate giornalistiche, studio e insegno italiano all’estero.
Il successivo lavoro nel marketing e nella comunicazione mi porta a conoscere l'immagine, alleata che amplifica ed espande il potere delle parola. L'immagine mi strega con le sue atmosfere estetiche, di codici cromatici ed equilibri grafici.
Eppure, le modalità di consumo di art e copy sono molto distanti tra loro: veloce, superficiale, bulimico il primo, lento e profondo il secondo. La parola è subordinata all'immagine, spesso al ruolo di commento.
Fin che nel 2011, dopo cadute su vari fronti, avverto un irrefrenabile impulso a ritrovare me stessa, con i miei linguaggi più intimi e consoni: ed è così che, senza incolpare delle mie insoddisfazioni crolli in borsa, famigliari, oroscopi, traumi e fattori esterni di ogni genere, riporto tutto alla base, all’unica certezza, che ero io.
A partire da me stessa cambio la mia vita, riprendendola in mano e riscoprendo così, con il peso della responsabilità, anche la bellezza della vita. Una svolta partita da quella “cosa” apparentemente molle e inutile, che è la scrittura: l'apertura di un blog di poesia, cui segue pubblicazione della silloge poetica “Pneuma”. Il tutto con lo pseudonimo di Giulietta Kelly, con cui mi sono ribattezzata nella nuova vita.
L'energia vitale è tornata a fluire in me, riaccendendo l'incanto per la vita e sbloccando la mia femminilità: nel placare la mia inquietudine, ai parti artistici/spirituali segue anche l'anelato concepimento del secondo figlio.
Dopo quest'esperienza, sento che la parola è tornata ad essere la mia principale e fidata alleata.
Valorizzando la mia decennale esperienza come conceptualizer e graphic designer, radicandola nell'antico desiderio di rendermi utile alle persone, ho avuto un'intuizione su come fare della mia attività una cassa di risonanza per le mie corde.
"Raccontarsi è un modo di tenersi assieme" scrive Duccio Demetrio, fondatore della Libera Università di Anghiari - una verità che si scontra con la mancanza di quell'ascolto necessario alla motivazione per la tessitura del racconto. La scarsità di destinatari di quei racconti terapeutici che consentono alle persone di ricostruire se stesse, insieme alla buona predisposizione delle persone verso l'esposizione di sé (facilitata dal boom dei social media), la fiducia nelle mie capacità di ascolto e di rielaborazione, il mio amore per il corpo fisico della parola (la stampa, la carta, la confezione, il lettering), il mio decennale studio del teatro e della danza contemporanea sono gli ingredienti della mia ricetta professionale, che porta il nome di Personal Storytelling.